Woody Allen trema… a New York arriva Pirlo, il grande regista

Oggi è doveroso un omaggio ad Andrea Pirlo, che lascia il campionato di serie A e se ne va a giocare a New York (solo per questo lo invidio a livelli altissimi).

Per me sarà sempre il campione che ha vestito questa maglia (vedi foto sotto) e con la quale ha alzato due Champions League e una Coppa del Mondo per club.
Sai com’è? Alcune squadre hanno vinto coppe (nella storia più o meno recente), anche al di fuori delle Alpi.

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Di Pirlo però mi mancherà soprattutto: “la maledetta”, la sua faccia monoespressiva, il suo modo di parlare soporifero, il suo giocare da fermo negli ultimi anni (se non sbaglio l’ultima sua corsa degna di nota in un campo da calcio, è quella nel 2006 dopo il rigore segnato da Fabio Grosso. Ok, forse ce ne sono state altre, sono io che non le ricordo!), il suo essere sempre il “migliore in campo” per il commentatore Sky, gli assist fatti alla perfezione e le sue doti da gran regista, quasi all’altezza di Woody Allen, che ora a New York ha iniziato a tremare. Ci potrebbe essere qualcuno più bravo di lui in città!

Ciao, Andrea… ora insegna agli americani a cucinare la pasta, a mangiare la pizza anche senza 25 ingredienti sopra e a indossare le ciabatte senza calze.

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Vorrei essere americana per tifare Tom Brady e mangiare pollo fritto

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Dio, quanto vorrei essere americana questo weekend, per vivere e respirare l’atmosfera del Super Bowl! Mangerei pollo fritto dal secchiello, berrei birra e mi spalmerei sul divano per guardare la partita. Solo che, se non sei americano e se non segui il football, più di tanto il Super Bowl non ti coinvolge. Non lo senti dentro. Puoi guardarlo da spettatore, ma sarai sempre uno spettatore esterno, uno straniero.
Se non ami il calcio non aspetti la finale di Champions. Se non sei una donna non sbavi per le nuove scarpe di Manolo Blahnik o per un rossetto Chanel. Se non sei americano non vai in estasi per la finale dell’NFL. Continua a leggere

Le vecchie europee come gli indiani di Agatha Christie: ne è caduta una al giorno

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Sono cadute una al giorno come “I dieci piccoli indiani” di Agatha Christie e tutte per mano di sudamericane o di squadre della Concacaf (la federcalcio nord-centroamericana). Sto parlando delle nazionali europee, che meste meste sono tornate a casa una dopo l’altra: Spagna, Inghilterra, Italia, Portogallo, Croazia, Russia e Bosnia, lasciando il Mondiale con mille rimpianti e tanti errori.

Le rappresentanti del vecchio continente sono rimaste in sei (un minimo storico), due le africane e otto le americane, per un Mondiale sempre più targato nuovo continente. E proprio le nuove realtà calcistiche la stanno facendo da padrone, infatti, fatta eccezione per: Brasile, Germania, Argentina, Francia, Uruguay e Olanda, le altre dieci delegazioni non sono mai arrivate a una finale. Questo potrebbe farci chiedere dov’è finito il calcio europeo (facile dare la colpa al clima) e che fine hanno fatto i suoi campioni milionari? Troppi soldi, troppo ingolfati, troppo star.

Questo Mondiale è il Mondiale delle sudamericane, è il Mondiale della riscossa e delle grandi occasioni. E per questo largo alle nuove nazionali, che anche se non faranno molta strada (alla fine in semifinale ci arriveranno le solite note), potranno dire di averci provato fino all’ultimo tiro in porta. Costa Rica, Cile, Colombia, Usa, Messico ma anche Algeria, Belgio, Grecia, Nigeria e Svizzera potranno (anzi dovranno) dar fastidio più che possono alle grandi corazzate.

Buon proseguimento di Mondiale a tutti!

Il Super Bowl è come una Birkin

L'esultanza dei Seattle Seahawks

L’esultanza dei Seattle Seahawks

Ieri avrei voluto essere americana. Per mangiare pollo fritto, bere birra e guardare il Super Bowl. Mi ha sempre affascinato questa partita e tutto lo spettacolo che la circonda. Star che si esibiscono durante la pausa, spot milionari, vip in tribuna vestiti ad hoc e la sfida tra le due squadre migliori del NFL. Tutto in grande, come solo gli americani fanno fare. Il fatto è questo però: se non sei americano, il Super Bowl non lo senti veramente. C’è poco da dire. Non ti puoi emozionare per una cosa che conosci appena. Se non ami il calcio non aspetti con ansia la finale di Champions. Se non sei una donna non sbavi per le nuove scarpe di Manolo Blahnik o per una Birkin. Se non ami il cinema non ti interessa quando esce l’ultimo film di Scorsese o Allen. Insomma, se non sei nel giro giusto non lo apprezzi come si deve.

Ho anche provato a guardare la partita diverse volte, ma la mia conoscenza del football è al quanto scarsa e quindi tante giocate mi sfuggivano. Mi sentivo come quelli che fanno finta di essere esperti d’arte: stanno lì, guardano un quadro d’autore, ma vedono solo la cosa più ovvia, quella che vedono tutti, non riescono ad andare oltre, a percepire l’essenza (come dicono i colti!). Alla fine commenti il quadro come se commentassi il poster dei Backstreet Boys che avevi in camera da ragazzina. E secondo me il Super Bowl è così se non sei americano… lo puoi anche guardare, ma non ne capirai mai veramente l’essenza.